EDITORIALE  
    di Angelo Romano    
    IL SANGUE NON E' ORO    
   
In natura, molto frequentemente, il maschio alfa di un branco è il solo a potersi accoppiare perché, essendo il più forte, la sua prole ne sarà avvantaggiata ai fini della conservazione della specie. L'alfa è il capobranco indiscusso, almeno fino a che, per ragioni d'età o per indebolimento da ferite o menomazioni, un soggetto più giovane e forte non gli tolga lo scettro o perché soppiantato dall’alfa di un branco rivale.
In questa semplice regola naturale trova fondamento, molto probabilmente, il mito del sangue negli umani. I primi uomini "eretti" non differivano in molto, nelle regole sociali, dalle altre specie. Il più forte assumeva la responsabilità tribale e la cosa aveva responsabilità quali garantire la sopravvivenza della tribù e vantaggi, tra questi quello di accoppiarsi a suo piacimento.
Da qui lo "jus primae noctis" che tanto dolore ha inferto, nei secoli dei secoli, a molti giovani innamorati.
Spesso gli “alfa” delle varie tribù venivano a lite per ragioni di cibo, di territorio, di accoppiamento. Così nacquero le guerre che affliggono i popoli dai primordi fino ai giorni nostri.
Tale prassi si è perpetuata nel tempo fino ad assumere connotazioni dinastiche, ossia il più forte (o il più scaltro) pago dello sforzo fatto per assicurarsi la supremazia tribale ha, ad un certo punto della storia, deciso che quello sforzo andava consolidato nel tempo al fine di garantire alla prole la continuità nel potere.
Il mito arturiano ci fa ben comprendere come un giovane "predestinato" riesce a farsi re per capacità e con qualche aiutino magico e ci illumina sulla triste sorte che tocca a padre e figlio una volta ingaggiata una prematura lotta per il potere.
Nasce così la "nobiltà" quale categoria "sanguigna". Questa, a poco a poco, si struttura in sistema sociale di classe atto a garantire vantaggi, potere e ricchezze agli appartenenti ai ranghi della "nobiltà". Ranghi rigorosamente distinti in funzione dei presunti quarti di nobiltà. Re, principi, duchi, marchesi, baroni, conti, cavalieri, a ciascuno i suoi privilegi per diritto di nascita e diritti su terre, possedimenti e sottoposti.
Un sistema che si cristallizza nel tempo e che, in parte, sopravvive ancora oggi, nonostante la rivoluzione francese, quella industriale, quella tecnologica e l'avvento delle cosiddette democrazie. Difatti, nella vecchia Europa sopravvivono sette regni sovrani: Regno Unito, Danimarca, Norvegia, Svezia, Spagna, Paesi Bassi, Belgio; tre principati: Monaco, Liechtenstein, Andorra; un Graducato: il Lussemburgo e una monarchia assoluta: il Vaticano.
Nel mondo su 195 Paesi ben 43 sono le monarchie, un paio le teocrazie, una la plutocrazia costituita dallo 0,1% (28.000 persone con patrimoni superiori ai cento milioni di dollari) della popolazione mondiale che detiene oltre il 60% delle ricchezze e moltissimo potere e che costituisce la nuova "nobiltà" basata sul denaro e non più sul sangue.
Che occorra castrare tutti gli alfa? Ma resterebbero le “alfa” ormai emergenti.
Ne vedremo delle belle quando Creso deciderà di muovere guerra ad Augusto e la plutocrazia soppianterà la democrazia. Qualcosa già si intravede negli Usa.
   
         
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