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Un risultato
clamoroso ha
caratterizzato
le recenti
elezioni in
Irlanda: il Sinn
Féin, partito da
sempre
all'opposizione,
ha conseguito
una brillante
vittoria anche
se, come
vedremo, molto
probabilmente
non sarà
sufficiente per
assicurargli la
guida del paese.
In Italia si
parla poco e
confusamente
dell'Irlanda -
lo stesso dicasi
per agli altri
paesi del Nord
Europa - e
pertanto, prima
di illustrare le
conseguenze
scaturite dal
voto che ha
premiato Mary
Lou McDonald,
recentemente
succeduta al
mitico Gerry
Adams, è
opportuno
chiarire alcuni
aspetti che sono
stati presentati
distonicamente
dai media,
offrendo
un'immagine
distorta della
realtà.
I partiti che da
un secolo si
contendono il
potere, Fianna
Fáil e Fine Gael,
sono descritti
come partiti di
centro-destra;
il Sinn Féin è
invece
presentato come
un partito di
sinistra
nazionalista e
braccio
politico, in
passato,
dell'IRA (Irish
Republican Army),
i cui militanti
sono sempre
definiti
"terroristi".
Mettiamo ordine.
Il Fianna Fail
venne fondato
nel 1926 da
Éamon de Valera,
più volte primo
ministro e
presidente della
Repubblica
d'Irlanda dal
1959 al 1973.
Politico a tutto
tondo, è
considerato da
molti il
mandante
dell'assassinio
di Michael
Collins, l'eroe
della guerra
d'Indipendenza
che dilaniò il
paese tra il
1919 e il 1921.
Il Fianna Fáil
ha una vocazione
governativa e,
di fatto, ha
governato sia
con partiti di
sinistra sia con
partiti di
centro-destra. È
impropria,
pertanto,
qualsivoglia
caratterizzazione
che inglobi il
termine
"destra".
L'ideologia di
fondo, vagamente
definita e
ancorata
precipuamente
alla gestione
del potere, può
essere più
appropriatamente
ascritta al
liberalismo,
concepito in
tutte le sue
accezioni
negative,
politiche ed
economiche. (Si
veda, a tal
proposito,
quanto scritto
nel numero 81 di
questo magazine,
dedicato proprio
al liberalismo).
Il Fine Gael,
fondato nel
1933, non è
dissimile e
anch'esso nulla
ha a che vedere
con una destra
degna di
definirsi tale.
Fa parte del
Partito Popolare
Europeo, è
favorevole al
matrimonio tra
omosessuali e
all'adozione da
parte delle
coppie
omosessuali
civilmente
sposate. Il suo
liberismo è
ancora più
spinto di quello
del Fianna Fáil,
con il quale si
è spesso
alleato, senza
disdegnare
alleanze con i
Laburisti e la
Sinistra
democratica:
l'importante è
stare al potere,
non importa come
e a che prezzo.
Ben altra storia
quella del Sinn
Féin, movimento
indipendentista
dalla forte
caratura
ideologica,
fondato nel 1905
dal patriota
Arthur Griffith.
È senz'altro
esatto definirlo
un partito di
sinistra o,
meglio ancora,
socialdemocratico-repubblicano,
avendo cura,
però, di
spiegare bene -
cosa che nessun
organo di stampa
si è sognato di
fare - che il
repubblicanesimo
irlandese è
tutt'altra cosa
rispetto a
quello
continentale o
statunitense e
vuole
soprattutto
sancire il
presupposto che
tutta l'Irlanda
- e quindi anche
quella sotto il
dominio inglese
- debba essere
considerata una
"repubblica
indipendente".
Anche la
definizione di
partito di
sinistra, se non
correttamente
spiegata, può
dare adito a
errori di
interpretazione.
Il Sinn Féin si
batte
costantemente
contro la
malapolitica e
contro i
potentati
economici che
non hanno a
cuore il bene
comune.
L'Irlanda a
guida liberale
si è dimostrata
fallimentare
sotto tutti i
punti di vista.
Il sistema
sanitario
consente
l'assistenza
gratuita agli
anziani e alle
persone di basso
reddito ma,
sostanzialmente,
non funziona e
gli ospedali
sono
sovraffollati. I
giovani non
riescono a
pianificare il
loro futuro; gli
affitti delle
case sono
altissimi e
comprarne una è
un vero sogno
per la
maggioranza
della
popolazione.
Il Sinn Féin si
batte da sempre
contro le
agevolazioni
fiscali che
hanno
trasformato il
paese nel
paradiso delle
multinazionali,
senza alcun
vantaggio per
l'occupazione;
combatte la
speculazione
edilizia, la
corruzione negli
enti pubblici,
l'evasione
fiscale ed è
favorevole a una
maggiore e più
equa
redistribuzione
delle risorse
economiche:
scuole e
ospedali
pubblici sono al
primo posto
nella scala
degli interventi
urgenti. I suoi
esponenti, non
solo quelli
storici, che
hanno ceduto il
passo a due
straordinarie
donne - Mary Lou
McDonald nella
Repubblica
d'Irlanda e
Michelle O'Neill
nell'Irlanda del
Nord - sono
"inattaccabili"
sotto
qualsivoglia
profilo e la
loro statura
etico-morale,
unitamente
all'alto livello
culturale,
traspare
evidente in ogni
contesto,
soprattutto nei
confronti con i
loro avversari,
che possono solo
arrampicarsi
sugli specchi,
non potendo, in
alcun modo,
reperire
argomenti validi
per confutarli.
Anche se ora ha
fatto un passo
indietro, sul
partito aleggia
ancora l'aura
romantica,
sublime,
stupenda,
ineguagliabile,
di un vero eroe
dell'indipendentismo
irlandese: il
settantaduenne
Gerry Adams,
tempratosi nei
terribili anni
dei troubles,
cosa che per
anni è stata
sfruttata dai
suoi detrattori,
adusi a definire
i membri
dell'IRA come
terroristi.
È questa
l'ultima
sciocchezza da
stemperare,
perché il
ritornello è
ripetuto come un
mantra anche dai
media nostrani.
L'Irish
Republican Army
combatteva
contro la
dominazione
inglese né più
né meno di come
i nostri nonni
hanno combattuto
contro la
dominazione
austriaca,
durante la
Grande Guerra.
Noi consideriamo
patrioti i
nostri nonni,
non certo
terroristi.
Erano gli
austriaci che
definivano
"terroristi"
coloro che
attentavano alla
sovranità
dell'Impero,
proprio come
facevano gli
inglesi con i
membri dell'IRA
e come hanno
sempre fatto in
tutti i
territori
"occupati", a
cominciare dalla
Scozia del
valoroso William
Wallace,
anch'egli
"terrorista" per
gli inglesi ed
"eroe nazionale"
per gli
scozzesi.
Qui non vi è
spazio per
un'articolata
trattazione
della storia
d'Irlanda, ma
chi volesse
approfondirla
può facilmente
reperire, anche
in rete, validi
documenti e
importanti
documentari.
Corposa ed
esaustiva la
pubblicistica e
su tutti è
doveroso
segnalare i due
testi di Bobby
Sands, l'eroe
che si lasciò
morire nel
carcere di Long
Kesh, dopo
sessantasei
giorni di
sciopero della
fame: "Un giorno
della mia vita";
"Il diario di
Bobby Sands". Se
essere al
servizio del
popolo, quindi,
in Irlanda vuol
dire essere di
"sinistra", ben
venga la
sinistra!
Ma non la si
confonda, per
favore, con le
sinistre degli
altri paesi
europei, al
servizio
dell'Europa dei
mercanti e aduse
a una gestione
del potere molto
discutibile
quando non
propriamente
criminale. Gli
irlandesi hanno
compreso il
messaggio del
Sinn Féin e lo
hanno premiato,
alle recenti
elezioni
generali,
conferendogli la
vittoria con il
24,53% dei
suffragi. Il
Fianna Fáil ha
raccolto il
22,18% e il Fine
Gael del premier
Leo Varadkar,
grande sconfitto
della
competizione
elettorale, il
20,86%.
All'atto della
stesura di
questo articolo
non è dato
sapere cosa
avverrà, anche
se è facilmente
intuibile che le
forze ostili al
Sinn Féin
faranno di tutto
per coalizzarsi
e consentire ai
due partiti
egemoni da
sempre di
mantenere il
potere. Sulla
carta però, in
virtù della
distribuzione
dei seggi,
sarebbe
ampiamente
possibile anche
un governo
presieduto da
Mary Lou
McDonald,
all'insegna
dello slogan
lanciato durante
la campagna
elettorale: "Time
for a change" (È
ora di
cambiare).
Comunque vada a
finire,
tuttavia, la
storica
affermazione del
Sinn Féin ha
gettato le
premesse per la
ricongiunzione
con l'Irlanda
del Nord e tutti
hanno la
percezione che,
anche in virtù
delle recenti
vicende legate
alla Brexit,
l'antico sogno
di "A nation
once again"
possa
trasformarsi
presto in una
splendida
realtà.
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