|
|
Non vorrei
arrivare a dare
ragione a
Benedetto Croce
che si dice
affermasse che
gli italiani
sono strani
perché, da
pignoli, cercano
in ogni cosa il
proverbiale pelo
nell'uovo e
quando lo hanno
trovato mangiano
il pelo e
buttano l'uovo.
Nel senso che
ragionare sul
Natale fa
correre il serio
rischio a chi
scrive di
apparire come
un'iconoclasta,
blasfema e
sacrilega, volta
unicamente a
sfoggiare fatua
pseudo-erudizione
e ad esternare
inverosimili
congetture nei
confronti di un
evento
accreditato tra
le ricorrenze
più sacre della
cristianità.
Ma, di contro,
astenermi dal
farlo, sarebbe
nascondere la
testa sotto la
sabbia; un
atteggiamento
neppure adottato
dagli struzzi, i
soggetti
dell'infondato
detto.
Perciò, in
premessa, vorrei
fare alcune
puntualizzazioni:
avverto
profondamente,
nell'intimo, la
Natività del
Figlio dell'Uomo1
e mai potrei
adoperarmi per
adombrarla o,
addirittura,
offenderla. Ma
ciò non toglie
che mi urtino,
fino all'offesa,
tutti quei
contorni
para-filosofici,
pseudo-storici,
materialistici e
mercantilistici
che l'evento ha
assunto nel
corso dei secoli
fino a divenire
una kermesse
dell'effimero
senza la quale
non sembra che
la 'festa' sia
degna di tale
nome. E questo è
ciò che rifiuto,
categoricamente.
E, per rendere
più specifica la
mia concezione
del Natale, si
vorrà perdonare
il sottostante
parallelo,
necessario
solamente per
visualizzare uno
stato d'animo:
un parallelo,
chiedendo venia
per
l'accostamento,
riguardante
Padre Pio.
Non credo che il
Sant'Uomo abbia
bisogno di
presentazioni.
Ha dedicato una
vita alla
preghiera,
vivendo tra
confratelli
nella cella n.5
del convento di
San Giovanni
Rotondo, a
contatto
costante con una
moltitudine di
fedeli in cerca
della sua
parola,
provenienti da
ogni parte
d'Italia e del
mondo. Certo, i
cospicui lasciti
che gli sono
stati destinati,
soprattutto
dalle 'figlie
spirituali', tra
denaro, valori,
brevetti,
saggiamente
amministrati
dall'improbabile
amico Emanuele
Brunatto, hanno
reso possibile
la nascita e
l'attività
dell'Ospedale
'Casa Sollievo
della
Sofferenza', tra
i nosocomi più
efficienti della
Puglia.
Ma ciò non ha
minimamente
alterato la sua
modestia, la sua
bonomia, la sua
elevata
spiritualità
checché ne possa
aver relazionato
il medico
gesuita Padre
Agostino
Gemelli, su
incarico del
Vaticano.
Né, tantomeno,
hanno scalfito
la sua immagine
di modesto frate
i due
procedimenti
avviati dal
Sant'Uffizio,
uno alla fine
degli anni '20 e
l'altro negli
anni '60, con
l'interdizione
di dire messa e
di confessare,
ambedue su
segnalazioni
diffamatorie
persino di
soggetti
clericali,
conclusi
entrambi con un
non luogo a
procedere, dove
però l'ultimo ha
avuto come
appendice, su
esplicita
richiesta del
Papa Buono,
Giovanni XXIII,
il testamento
del frate a
favore del
Vaticano.
Comunque,
neppure tali
traversie hanno
alterato il suo
stato di umile
servitore fedele
della Chiesa e
la sua
incommensurabile
carica di
umanità.
Tutto ciò posto,
come può
identificarsi
con una tale
figura la nuova
chiesa dedicata
a San Pio da
Pietrelcina
seppur costruita
su progetto del
mitico Renzo
Piano?
Un'architettura
avveniristica
tutta oro e
argento al suo
interno, a
livelli persino
stucchevoli che
stride
violentemente
con la figura
del monaco. E
come risulta
possibile
concepire,
attorno alla
piazza e nelle
vie circostanti,
una miriade di
negozietti di
souvenirs
che vendono
pupazzetti da
quattro al soldo
raffiguranti il
Padre di varie
grandezze,
abbigliato in
modi alquanto
disparati e
persino
incoerenti,
quando non
riprodotto su
'santini', su
'mattonelle', su
crest, su
copertine di
libri e su
quant'altro
utile a
testimoniare una
'visita' nella
cittadina del
Santo. E
affanculo
la spiritualità.
Con ciò voglio
dire che la
misticità del
Padre, giunta
sino alle
stimmate, non
gli ha impedito
di essere
pratico e di
usare la
sopraggiunta
disponibilità a
fin di bene.
Così, di
rimando, i
diffamatori del
Padre non hanno
certo sminuito
il ruolo della
Chiesa. Né il
pragmatismo di
Giovanni XXIII
ha alterato il
sentimento
popolare verso
quel Papa. Né,
tantomeno, la
mercificazione
del Santo fa
breccia nel
cuore dei suoi
estimatori.
Ecco, questo è
il mio stato
d'animo nei
confronti del
Natale.
Dicevo della
kermesse
dell'effimero.
Ecco, per
iniziare, qual è
l'attinenza con
l'Albero
addobbato? Ooh!
Non è che esso
non abbia
significati
religiosi,
tuttavia in
nulla
riguardanti il
cristianesimo.
Lo troviamo,
infatti, nei
passati credi
mesopotamici,
caro ad Ashera,
dea della terra
e degli alberi,
sorella di Anata,
dea del mare, in
congiunzione
trinitaria con
la grande dea
Ishtar.
Ovviamente, non
un abete bensì
soprattutto
tamerici e
ulivi. Il
vecchio
Testamento, a
latere, ce ne da
contezza:
Abramo piantò un
tamerice in
Bersabea, e lì
invocò il nome
del Signore, Dio
dell'eternità.2
Peraltro,
l'aspetto
benaugurale
delle piante
sempreverdi
solleticò
persino i Romani
che usavano
scambiarsi
rametti alle
calende3
di gennaio. Ma,
in tempi più
recenti, i veri
cultori degli
alberi furono i
Celti e i
Norreni.
Per i primi,
l'albero, il
Vilagfa,
era considerato
l'Asse del
Mondo, con le
radici che
affondavano nel
terreno e la
chioma che
s'innalzava
verso il cielo.
Ma sebbene i
loro sacerdoti,
i Druidi,
abbiano fatto
dell'abete un
simbolo di vita,
la vera
considerazione
la rivolsero
alla quercia. Al
riguardo, si
sostiene, tra
l'altro, che il
nome 'druido'
derivi, appunto,
da 'duir',
quercia.
Per i Norreni,
invece, la
pianta sacra era
l'Yggdrasill, un
frassino che
sorregge con i
suoi possenti
rami i nove
mondi (che
costituiscono
l'intero
universo), fonte
della vita, del
sapere e del
destino. E, non
a caso, Odino,
dopo aver
sacrificato un
occhio alla
fonte della
conoscenza di
Mimir, s'immolò
impiccandosi ad
un ramo di
quell'albero
perché da lui
scivolassero
fuori le rune4,
lo strumento per
conoscere al
di là.
L'aspetto
curioso è che i
cristiani,
specie nel
Centro/Nord
Europa, presero
a criticare
fortemente
l'addobbo degli
alberi,
soprattutto dopo
la Riforma
luterana,
considerando
quell'usanza
tipica dei
'protestanti'.
Ma, allora, da
dove viene la
consuetudine,
soprattutto
occidentale, di
'vestire' un
abete con palle
dorate e
ammennicoli
vari, ponendo
come puntale, in
un pot-pourri
tra sacro e
profano, una
'stella cometa'
o, addirittura,
un 'bambinello'?
Si afferma che
nel 1611, in
Germania, la
Duchessa di
Brieg5
nell'adornare il
suo castello per
festeggiare il
Natale, si
accorse che un
angolo di una
delle sale
dell'edificio
era rimasto
completamente
vuoto. Per
questo, ordinò
che un abete del
giardino del
castello venisse
trapiantato in
un vaso e
portato in
quella sala e là
decorato in
coerenza6.
Poi, le
migrazioni e gli
scambi di
acculturati
estetici hanno
fatto il resto,
portando l'abete
adornato nel
Vecchio e nel
Nuovo Mondo,
fino a giungere,
gigantesco, sia
in Piazza San
Pietro (sic) sia
in Piazza
Venezia a Roma;
quest'ultimo,
prima con la
Raggi che,
comunque, per 'spelacchiotto',
grazie agli
sponsor non
spese un soldo
delle casse
comunali; poi,
con
l'amministrazione
attuale che pare
abbia sborsato
per l'albero
illuminato da
pannelli
fotovoltaici,
oltre 200.000
euro, senza
bando. Per
inciso, sono
queste le
incongruenze
ipocrite, green,
della cosiddetta
'sinistra'
mentre il verde
cittadino, il
sistema dei
trasporti, la
rete viaria e il
ciclo dei
rifiuti urbani,
avviati con la
Raggi sulla 'via
della
perdizione',
sono andati oggi
definitivamente
a perdersi.
Chiuso l'inciso
relativo
all'albero,
dicevo del
canuto vecchione
rossovestito,
alla guida di un
tiro di animali
cornuti. E, per
approcciarlo,
saccheggerò un
mini-saggio,
scritto da un
amico, Paolo
Boccuccia,
dall'intrigante
titolo di 'Babbo
Natale, la
Befana ed il
Diavolo
ingannatore -
Lineamenti di
una mitologia
moderna'.
Un saggio dove
il protagonista
è, appunto, un
florido
vecchione del
quale se
l'abbigliamento
ne denuncia una
origine nordica,
il nome
Santa Claus
(contratto in
Santa
nell'uso
universale) lo
identifica con
un personaggio
meridionale, San
Nicola, ossia
Nikolaus di
Mira, nato in
Asia Minore nel
IV sec. e
divenuto vescovo
di Mira nella
Licia, il cui
culto cominciò a
diffondersi
quando le sue
reliquie furono
trasportate a
Bari nel 1087
divenendo così
il patrono del
capoluogo
pugliese.
Il santo
cristiano venne
quindi
trasformato in
un vecchio dalla
folta barba
bianca che abita
al Polo Nord e
che nella notte
di Natale ai
bambini porta
doni,
trasportandoli
con una slitta
tirata da renne,
e deponendoli
accanto al
camino, dalla
cui canna egli
scende col suo
sacco ricolmo.
Tuttavia, questa
strana figura di
nonno benefico,
abbigliato con
un costume rosso
vagamente da
lappone, non ha
nulla da
spartire con
l'antico
dignitario
ecclesiastico
della storia.
Santa Claus
(San Nicolaus)
ed il vescovo di
Mira hanno in
comune solo il
nome, Nicola, o
meglio il suo
abbreviativo
Nick che fu
rimosso dal
personaggio
nordico
trasformandolo
in Claus
per aferesi. In
realtà, Babbo
Natale, alias
Santa,
è Nick
o meglio Old
Nick,
Nick il Vecchio,
altro nome di
Old Horny,
il vecchio dalle
Corna della
tradizione
britannica. E
che altro non è
che il Diavolo.
Infatti, nelle
leggende dei
paesi
settentrionali,
il Diavolo viene
dal Nord estremo
(il Polo nord),
il regno delle
tenebre e del
freddo; indossa
un completo di
pelliccia rossa
(il colore del
fuoco
dell'inferno) e
guida un tiro di
renne, animali
cornuti al pari
del demonio.
Scende dai
camini
sporcandosi di
fuliggine e per
questo è
chiamato
Black Jack
o Black Man.
Peraltro, porta
con sé un gran
sacco nel quale
infila i
bambini, che
rapisce e
confina
all'estremo
nord. E, in
quanto Diavolo,
egli è anche
Pellegrino, per
rovesciamento
del significante
positivo (il pio
itinerante ad un
santuario) in
quello negativo.
Infatti, un tale
ribaltamento
nell'opposto
(come Freud
definisce il
processo) venne
operato nella
prima metà del
XIX sec.: così
l'antico demone
nordico divenne
l'icona
natalizia del
vecchione
benevolo: mito
piccolo-borghese
generatosi in
seno alla
cultura
biedermeier7.
E ciò per due
diverse e
concomitanti
motivazioni. Da
un lato, a
seguito alla
rivoluzione
illuministica
del secolo
precedente, la
pressione
dell'ideologia
religiosa
ortodossa, sia
cattolica che
riformata, si
allentò e la
data del 25
Dicembre restò
in parte
svuotata del
contenuto
cristiano mentre
si riempì del
vecchio mito
mitteleuropeo i
cui contenuti
angoscianti
furono rimossi
e, come detto,
rovesciati
nell'opposto.
Dall'altro, in
coerente con la
situazione
socio-politica
del momento, si
affermò un ceto
medio, voglioso
di dimenticare i
fatti tumultuosi
della
Rivoluzione
francese e del
successivo
impero
napoleonico, e
più attento
all'avvento
della
Rivoluzione
industriale che,
nell'evoluzione
dello stile,
proponeva
prodotti
funzionali,
dalle linee
semplici e,
quindi,
facilmente
industrializzabili.
Così, un bisogno
generalizzato di
quieto vivere
depotenziò ed
edulcorò le
produzioni
fantastiche
medioevali in
una prospettiva
buonista, e
perciò trasformò
il diavolo in
santo ed il
rapitore di
bimbi in
munifico vecchio
parente.
L'antico
contenuto fobico
della figura
demoniaca venne
annullata in
maniera radicale
trasformando il
Vecchio Nick,
da spavento dei
bambini, da Uomo
nero, in San
Nicola:
operazione
chirurgica
estrema che,
tuttavia, non
poteva non
lasciare un
residuo
irremovibile di
negatività, un
fondo di paura
profondamente
occultata dal
grasso fantoccio
del Santa
Claus tutto
bonomia e
generosità della
nuova mitologia
natalizia. In
tal modo,
accanto al
vecchione
rubizzo e
biancobarbuto
venne posta
l'icona della
Befana,
traslazione del
termine
'Epifania',
collegata nel
mito cristiano
all'arrivo dei
'tre Re magi'
che portano doni
al divino
fanciullo.
Ancora, quindi,
un personaggio
benefico e,
chiaramente, un
duplicato del
San Nicola
natalizio:
stavolta, però,
il Vecchio
Nick si
presenta al
femminile e con
un aspetto
decisamente meno
rassicurante. La
vecchia Befana,
simile in tutto
all'aspetto
della Strega
medievale
fattrice di
malvagi
incantesimi ed
alleata del
demonio,
rappresenta nel
suo aspetto
esteriore quel
fondo
incoercibile di
minaccia che non
era stato
possibile
svellere
dall'icona di
Santa Claus.
Il demonio,
infatti, può
assumere
qualsiasi forma,
mancandone di
una propria
specifica. Puro
spirito nel
mito, pura
angoscia nella
realtà, egli può
assumere
l'aspetto di
ogni essere
vivente,
compreso quello
di animale:
perciò le renne
del tiro di
Santa
rappresentano
icone
zoomorfiche del
loro conduttore.
A sua volta, la
Befana vola a
cavalcioni del
manico di una
scopa, che altro
non è che la
trasposizione in
chiave femminile
del bordone del
diavolo-pellegrino,
il quale, in
questo suo
aspetto di
pericoloso
demone e di
benevolo
compagno di
viaggio, in un
capriccioso
alternarsi di
burle malevoli e
di favori
inaspettati, ci
riporta
all'arcaica,
universale
figura del
trickster,
l''imbroglione',
il 'burlone'
quale è espresso
dalle leggende e
dal folklore
dell'intera
umanità. Uno
spirito senza
sesso e senza
età, persino
senza una forma
antropica
propria, né
propriamente
cattivo né
propriamente
buono:
capriccioso,
ironico, allegro
mascalzone che
si diverte a
spaventare i
viandanti ma
anche a
beneficiarli.
Per l'appunto,
il kobold
nel folklore
tedesco, ma
anche l'elfo, il
goblin8
o il
leprechaun9
in altre
tradizioni, sono
gli illustri
antenati del
mellifluo e
banale Santa
Claus
vittoriano il
quale nel tempo
ha formato con
Peter Pan la
coppia coboldica
vecchio-bambino,
sintetizzabile
nella figura
solo
apparentemente
antagonista di
Capitan Uncino.
Ad ogni buon
conto, i
folkloristici
antenati sono
senz'altro più
significativi ed
interessanti
dell'attuale
Santa
globalizzato,
invasivo delle
nostre giornate
dicembrine;
icona di mille
iniziative
commerciali e
riprodotto in
mille oggetti
dozzinali, è
stato reso tanto
meschino dalla
macchina della
promozione
pubblicitaria da
perdere
qualsiasi pur
remoto valore
per divenire
solo un 'segno'
insulso,
ripetitivo e
noioso.
Concluso su
l'ulteriore
'simbolo', sono
stata tentata di
non parlare del
presepe. Poi, mi
son detta, ma
sì, perché no?
Perché non
dovrei
esprimermi su
questo diorama
che dovrebbe
rappresentare la
Natività, in uno
scorcio di
Palestina? Non
conosco le
caratteristiche
del primo
presepe della
storia
realizzato da
San Francesco a
Greccio, nel
1223, su
autorizzazione
di Papa Onorio
III10.
Ma sono restia a
credere che il
Santo, peraltro
allora da poco
reduce dalla
Terrasanta,
abbia potuto
inserire in quel
modello
originario, in
riproduzione di
una caverna e
dintorni appunto
in Palestina,
del muschio,
ruscelletti
nonché vialetti
che
s'intersecano e
staccionate che
si snodano tra
colline
verdeggianti.
Ma le mie
perplessità non
nascono solo da
tali
incongruenze
perché, intanto,
mi chiedo quale
sia il motivo
che ha indotto a
scegliere, tra
gli evangelisti,
Matteo11
e Luca12
dove, a
differenza degli
altri due che
omettono
l'evento, il
primo parla
asetticamente
solo di Betlemme
come luogo di
nascita mentre
il secondo
aggiunge più
specificatamente
una stalla, per
indisponibilità
di un letto
nelle locande.
Come, del resto,
Matteo, l'unico
a citarli, non
indica il numero
e il nome dei
Magi. Nella
tradizione
occidentale, il
solo atto,
ovviamente
apocrifo, che li
cita e ne indica
i nomi (Bithisarea,
Melichior e
Gathaspa) è 'Excerpta
Latini Barbari13
(datato tra il
474 e il 518),
definito dagli
studiosi
storicamente
inaffidabile.
L'ulteriore atto
nella tradizione
suddetta,
apocrifo
anch'esso, è il
Vangelo di
Nicodemo che ne
da una stringata
menzione, senza
indicarne i nomi
e il numero .
Poi, in altre
tradizioni,
abbiamo il
Vangelo
dell'infanzia
arabo siriano
che, addirittura
li rinvia alla
predizione di
Zaratustra15,
nonché il
Vangelo
dell'infanzia
armeno che ne
menziona tre, li
aggettiva
persino come
fratelli e ne
indica i nomi in
Melkon,
Balthasar e
Gaspar16.
Peraltro,
nessuno dei due
evangelisti cita
un 'bue' ed un
'asino'. L'unico
documento che li
indica è il
cosiddetto
Vangelo dello
pseudo-Matteo17,
testo ancora una
volta apocrifo
e, quindi, non
ammesso nel
canone, il
quale, d'altra
parte, è il solo
a parlare di
'caverna'18.
Potrei
proseguire con
le incongruenze
ma mi fermo qui
per chiedermi
come sia
possibile che
l'iconografia,
la catechesi e
la dottrina
cristiane
abbiano recepito
rappresentazioni
e figure a lei
estranee? Be',
mi verrebbe da
dire 'in un modo
abbastanza
semplice'. Da un
lato la fantasia
degli amanuensi,
dall'altro
l'opportunità
per i redattori
di richiamarsi a
contenuti
profetici del
passato per
avvalorare
eventi. Da un
altro lato
ancora, dalla
creatività dei
pittori: si
pensi alla
stella cometa.
Nel 1301 d.C.,
quando nel cielo
apparve quella
di Halley,
Giotto, nel
dipingere in
quell'anno
'l'Adorazione
dei magi' e 'la
Natività' nella
cappella degli
Scrovegni a
Padova,
realisticamente
la inserì nel
quadro.
Ma, si potrà
obiettare, c'è
l'evangelista
Matteo che
accenna ad un
fenomeno celeste
e parla di una
'stella'19.
Ebbene, da carte
astronomiche
storiche,
l'unica
brillantezza
all'epoca è
verosimilmente
derivare dal
pianeta Venere
che ogni 769
anni si
sovrappone a
Giove acquisendo
così una di gran
lunga maggiore
irradiazione
solare e una
particolare
brillantezza. Ed
un fenomeno del
genere, è
riportato,
accadde in una
notte a cavallo
tra il 7 e il 6
paradossalmente
avanti Cristo.
Questo,
peraltro, chiama
in causa
l'ennesimo
aspetto inerente
al Natale: la
data di nascita
del Figlio
dell'Uomo.
Atteso che la
nascita,
convenzionalmente
indicata
nell'anno 1, è
accertato frutto
di un errore del
monaco cristiano
scita Dionigi il
Piccolo che per
primo la
calcolò, oggi
pressoché tutti
gli esimi
studiosi sono
concordi
nell'affermare
che essa sia
avvenuta in un
range che va
dall'8 al 4 a.C.
Ma non è tanto
l'anno quanto il
giorno a destare
maggiore
interesse.
Infatti, sul
piano puramente
storico,
l''invenzione'
del Natale per
come noi lo
conosciamo è
abbastanza
avanti nel tempo
e nasce per
motivi, più che
religiosi,
fondati in larga
parte
sull'opportunità
di soppiantare
altri credi.
Intanto, va
detto che il 25
dicembre è
valido per la
maggior parte
delle Chiese
cristiane
occidentali e
greco-ortodosse.
Per le Chiese
ortodosse
orientali la
Natività cade
invece il 6
gennaio, mentre
è festeggiata il
7 gennaio per le
Chiese ortodosse
slave, che
seguono il
calendario
giuliano. Non
voglio entrare
nel merito delle
dispute
dottrinarie ma
la diversità di
date tra chiese
comunque
cristiane ci da,
intanto, la
l'idea che essa,
in quanto data
di celebrazione,
non sia
assolutamente
certa e che, a
seguito di un
ragionamento
puramente
dottrinario, sia
stata assunta
solo sul piano
meramente
simbolico,
peraltro traendo
a piene mani da
dottrine
'pagane'.
Difatti, alla
domanda mai
espressa da dove
sia stata tratta
la data di
nascita di Gesù,
la risposta
sorprende perché
fino al IV
secolo d.C.
nessuno si era
mai posto il
problema.
Non è presente
nei primi
elenchi di
festività
cristiane, è
ignorata dal
teologo Ireneo20
e pure dallo
scrittore romano
e apologeta
cristiano
Tertulliano21.
Origene22,
addirittura, è
contrario tout
court al
festeggiamento
di ogni
compleanno. In
un'omelia egli
assicurava ai
suoi ascoltatori
che 'fra i santi
nessuno tenne
mai una festa o
un banchetto per
il suo
compleanno, né
fece baldoria il
giorno della
nascita di suo
figlio o di sua
figlia. Ma i
peccatori fanno
baldoria e
festeggiano in
quei giorni'23
. Per avere la
prima menzione
della Natività
di Cristo alla
data del '25
dicembre'
occorre
aspettare il 354
d.C. perché,
inopinatamente,
la troviamo in
un almanacco,
edito in
quell'anno,
chiamato 'Cronografo'24,
redatto dal
letterato romano
Furio Dionisio
Filocalo25.
Secondo il
ricercatore e
scrittore Joseph
F. Kelly "…
nel 336 la
chiesa locale di
Roma proclamò il
25 dicembre come
dies natalis
Christi."26.
Fermiamoci un
attimo su tale
affermazione
dalla quale si
deducono due
importanti
aspetti: il
primo è la
dizione 'la
chiesa locale di
Roma'. A
quel tempo,
infatti, la
'chiesa di Roma'
era una tra le
chiese che si
dibattevano il
primato papale
generando,
peraltro, un
primo attrito
con l'imperatore
d'Oriente,
geloso delle sue
prerogative
sulle chiese
regionali. Solo
nel 787 d.C., al
secondo Concilio
di Nicea, la
sede apostolica
romana - la
locale Chiesa di
Roma - sarà
definita come 'capo
di tutte le
chiese'. Se
ne può dedurre,
pertanto, che la
scelta del '25',
intervenuta dopo
quattro secoli
di silenzio,
riguardò solo
una parte del
mondo cristiano
per altri
quattro secoli
e, per alcuni
aspetti come
sappiamo, non si
è del tutto
generalizzata.
Il secondo
aspetto concerne
l'umano
interrogativo di
dove Filocalo
abbia tratto
l'indicazione o,
meglio, sulla
scorta di cosa
la 'locale
chiesa di Roma'
decise per
quella data.
L'autore citato
più che
affermare che "…
il documento
contenente
l'affermazione
del 25 dicembre
come 'dies
Natalis Christi'
nel 336 si
chiama "Il
Cronografo
del 354'27
non dice altro.
E, del resto, lo
sapevamo già.
Alcuni studiosi
hanno provato a
formulare
ipotesi circa
possibili
ragioni della
scelta ma la
verità è che le
origini storiche
della festa non
sono note e sono
state spiegate
con varie
ipotesi dove la
più probabile è
che essa,
scientemente,
sia stata
indicata nel
'25' per
sostituire,
peraltro in
richiamo ad una
profezia di
Malachia dove si
cita il 'Sole'28,
la sentita festa
del Natalis
Solis Invicti,
appunto.
Ma, del resto,
la scelta del
'25' trova
ulteriori
riferimenti che
cito unicamente
per cronaca.
Sempre il '25
dicembre',
infatti, sono
nati Horus,
figlio di
Osiride, Adonis,
Mitra, Krisna,
Dioniso, Attis
e, persino
Zoroastro ed
Ercole, buona
parte dei quali
da madre
vergine, in una
stalla/mangiatoia.
Le similitudini
col quadro di
riferimento
della nostra
tradizione
sarebbero molte
altre ma non è
questo che, alla
fin fine,
importa quanto
il significato,
personale e
generalistico.
René Guenon nel
suo 'Considerazioni
sull'iniziazione'
ebbe a citare la
favola
dell'asino che
porta le
reliquie29
sottintendendo
che quest'ultime
sono
precisamente un
veicolo
d'influenze
spirituali; tale
è la vera
ragione del
culto di cui
sono l'oggetto,
sebbene questa
ragione non sia
sempre cosciente
nei
rappresentanti
delle religioni
essoteriche, i
quali sembrano
talvolta non
rendersi alcun
conto del
carattere molto
'positivo' delle
forze che
maneggiano; il
che, del resto,
- aggiunge
Guenon - non
impedisce a
queste forze di
agire
effettivamente.
Non so se i
redattori della
dottrina
cristiana, via
via succedutisi,
abbiano avuto
contezza degli
elementi
introdotti
forzatamente
nella
rappresentazione
della Natività,
peraltro
importandoli da
testi gnostici:
la caverna, la
verginità di
Maria, il bue e
l'asino, i doni
dei Magi. Ma
certo è che tali
elementi
formano, nel
contesto dove
sono introdotti,
un perfetto
richiamo al
processo
alchemico: la
fecondazione di
Maria Vergine da
parte dello
Spirito Santo è
il flusso
alchemico mentre
il parto del
Regale Bambino,
il Regulus, è
l'Opera al
Bianco, a
mezzanotte
ovvero a metà
dell'Opera, in
una grotta cioè
nell'Athanor,
dove lo zolfo
incontra il
mercurio ed è
esposto al
lavoro del Solve
(Asino) e del
Coagula (Bue).
Analogamente, i
'doni' dove la
mirra,
l'unguento con
il quale si
imbalsamano i
morti, sta a
significare
l'Opera al Nero,
l'incenso,
equivalente
magico del
sangue
sacrificale e
dell'Agnello
Puro, l'Opera al
Bianco ed infine
l'oro, simbolo
di regalità,
l'Opera al
Rosso; in
sostanza, la
formazione, la
manifestazione e
l'elevazione
dell'Uomo Nuovo.
Un processo
augurabile per
ognuno.
Perciò, come ho
specificato in
premessa,
avverto
profondamente,
nell'intimo, la
Natività del
Figlio dell'Uomo
e se, per
convenzione, la
celebrazione dev'essere
il '25', ebbene
sia,
consapevolmente,
e ben venga.
L'auspicio
sarebbe non
provare solo
quel giorno il
clima di bontà e
di fratellanza
puntualmente
accompagnato
dalle note
sdolcinate di
Silent Night,
O Holy Night
e Last
Christmas
per indurci agli
acquisti. Bensì,
tutto l'anno. Un
auspicio,
perciò, di
costante
commozione
davanti allo
stupore e alle
risa di un
bambino; di
tenerezza che un
ovattato manto
di neve riesce a
generare; di
apprezzamento
della ricchezza
che la famiglia
e l'amicizia
sanno creare.
Sono comunque
convinta che
qualcuno, dopo
aver letto la
parte
soprastante, si
segni e mi
additi come
blasfema e
sacrilega.
Nell'eventualità,
significherebbe
che ha capito
poco o punto del
mio scritto ma
quest'aspetto
non sarebbe
importante né
tantomeno
preoccupante
perché in tal
caso
all'indignazione
di diritto
dell'eventuale
soggetto
seguirebbe,
nella mia
incommensurabile
pochezza, solo
un sorriso mesto
e uno
scuotimento di
capo; la parte
rilevante,
invece, sarebbe
che
quell'eventuale
soggetto,
insieme ad una
moltitudine di
attenti ed
informati,
probabilmente
ignora che ben
altri
atteggiamenti in
essere sono
piuttosto
allarmanti.
Già il rifiuto
di inserire
nella carta
costituzionale
europea la
menzione delle
radici
giudaico-cristiane
aveva suscitato
un qualche,
inefficace,
scalpore.
Infatti,
l'ondata,
spacciata per
'inclusiva', che
ha teso a
rimuovere
crocifissi,
presepi e
immagini sacre
dalle scuole e
da altri luoghi
pubblici è quasi
passata sotto
silenzio. Se non
fosse stato per
la levata di
scudi a
Bruxelles, la
Commissione
Europea, nella
persona del
commissario
Helena Dalli,
sempre a
dichiarati fini
'inclusivi', lo
scorso anno,
avrebbe
cancellato con
un provvedimento
formale la
parola 'Natale'
per sostituirla
con la generica
'Feste'30.
Ma c'è di più:
un teologo
ricercatore del
Trinity College,
uno dei college
più famosi
dell'Università
di Cambridge, ha
proclamato che,
secondo la sua
ricerca, 'Gesù
Cristo aveva un
corpo trans31
': peraltro, 'la
ferita sul
costato aveva la
forma di una
vagina', e
'poteva
essere una donna'.
Non basta: il
filosofo del
World Economic
Forum,
Yuval Harari, ha
recentemente
affermato che
Gesù è una
fake news32.
E, ancora. Il
think tank di
Georges Soros,
Open Society,
ha proclamato
che la crisi del
coronavirus
mostra che è ora
di abolire la
famiglia,
descritta come
prepotenza
sessista.
Ora, qui non si
tratta di essere
'inclusivi'
bensì di
cancellare ogni
diversità per
realizzare
scientemente non
un'unione tra
diversi,
arricchente e
stimolante,
quanto piuttosto
un insieme di
individui senza
personalità. In
pratica, un
complesso di …
gonadi senza
gameti,
sostenuti da una
visione
progressista,
appiattente e
mortificante, in
comunella con la
grande finanza.
E, onestamente,
io di contro
voglio
continuare a
cercare il pelo
nell'uovo,
attenta a non
ingoiarlo per
dedicarmi, una
volta tolto,
alla
degustazione
dell'albume e
del tuorlo.
Note:
1. Mt 8,20 – Ap
1,9 – 1,13,
14,14 – At 7,56
– Ebr 2,6
2. Gn 21,33-34
3. Il primo
giorno di
ciascun mese nel
calendario
romano.
4. Le rune
norrene furono
il primo sistema
di scrittura
sviluppati e
usati dai
norvegesi e da
altri popoli
germanici. Le
rune
funzionavano
come lettere, ma
erano molto più
che semplici
lettere nel
senso in cui
oggi intendiamo
il termine. Ogni
runa era un
simbolo
ideografico o
pittografico di
qualche
principio o
potere
cosmologico, e
scrivere una
runa significava
invocare e
dirigere la
forza per la
quale
rappresentava.
Infatti, in ogni
lingua
germanica, la
parola 'runa'
significa sia
'lettera' che
'segreto' o
'mistero', e il
suo significato
originale, che
probabilmente
precedette
l'adozione
dell'alfabeto
runico, può sono
stati
semplicemente
'messaggio
(sotto
silenzio)'.
5. Dorothea
Sybille duchessa
di Brieg, figlia
di John George,
principe
elettore di
Brandeburgo,
nobildonna
tedesca, nota
per la sua
inventiva.
6. https://collinadeiciliegi.wordpress.com/2014/12/14/lalbero-di-natale/
nonché
https://www.focusjunior.it/scuola/storia/natale-chi-ha-inventato-l-albero-di-natale/#:~:text=Il%20primo%20vero%20albero%20di,edificio%20era%20rimasto%20completamente%20vuoto.
7. Il
Biedermeier è
stato un
movimento
artistico e
ornamentale
sviluppatosi nel
periodo storico
che intercorre
tra il 1815 ed
il 1848. Molto
in voga tra la
borghesia
tedesca e
austriaca, viene
spesso definito
di genere
'romantico'.
8. Il termine
deriva dal
francese
gobelin, che a
sua volta deriva
probabilmente
dal greco
kobalos, il nome
di uno
spiritello
associato ai
riti di Dioniso,
o dal tedesco
antico Kobold,
da cui deriva
anche "coboldo".
9. Il leprecauno
è una sorta di
gnomo tipico del
folclore e della
mitologia
irlandesi. Il
sostantivo è
talvolta reso in
italiano con
gnomo irlandese
o, più
genericamente,
folletto.
10. Tommaso da
Celano, Vita di
san Francesco,
X, p.85 – tratto
da https://it.wikipedia.org/wiki/Presepe
11. Mt 1,25 –
2,1
12. Lc 2,1-5 –
2,6-7 -
13. L'Excerpta
Latina Barbari è
una traduzione
latina di una
cronaca greca
composta ad
Alessandria
durante il regno
di Zenone
(474-491) o di
Anastasio
(491-518). La
cronaca greca
originale era
una variazione
della Chronica
Alexandrina.
14. Nicodemo,
Cap IX par.3
15. Vangelo
dell'infanzia
arabo siriano,
Cap VII
16. Vangelo
dell'infanzia
Armeno, Cap XI
par. 3
17. Pseudo-Mt
14,1
18. Pseudo-Mt 2
19. Mt 2,1-12
20. Ireneo di
Lione – (Smirne,
130 – Lione,
202) è stato un
vescovo e
teologo romano.
21.Quinto
Settimio
Fiorente
Tertulliano (Cartagine,
155 circa – 230
circa),
conosciuto
semplicemente
come Tertulliano,
è stato uno
scrittore romano
e apologeta
cristiano, fra i
più celebri del
suo tempo
22.Origene, noto
anche come
Origene di
Alessandria,
detto Adamanzio;
(Alessandria
d'Egitto, 185 –
Tiro, 254), è
stato un teologo
e filosofo greco
antico. È
considerato uno
tra i principali
scrittori e
teologi
cristiani dei
primi tre
secoli.
23.Origene -
Omelia su
Levitico xii 2 -
24. Calendario
illustrato per
l'anno 354,
opera del
calligrafo Furio
Dionisio
Filocalo e
offerto a (o
commissionato
da) un
aristocratico
romano di nome
Valentino.
Composto a Roma
negli ultimi
mesi del 353 e
probabilmente
presentato a
Valentino il 1°
gennaio 354,
oltre al
calendario
illustrato, per
cui è
maggiormente
famoso, contiene
una collezione
di testi
cronologici di
tipo
amministrativo,
pagano e
cristiano, non
conservati
altrove: tra
questi, una
serie di
biografie dei
vescovi di Roma,
da cui ebbe
origine il Liber
pontificalis.
25. Furio
Dionisio
Filocalo (IV
secolo; ... –
...) è stato un
letterato e
pittore romano.
Fu il calligrafo
di papa Damaso I
e autore nel 354
di un calendario
romano giunto
fino ai nostri
giorni.
26. Joseph F.
Kelly – Le
origini del
Natale -
Liturgical
Press, 2004 - p.
64
27. Op. cit.
28. Libro di
Malachia – III,
20 - Per voi,
che avete timore
del mio nome,
sorgerà con
raggi benefici
il sole di
giustizia e voi
uscirete
saltellanti come
vitelli dalla
stalla.
29. René Guenon
– Considerazioni
sull'iniziazione
– Luni Editrice
2014 – p.52
30.
https://www.adnkronos.com/natale-commissione-europea-ritira-le-linee-guida_4DyHuleglVHrpKhc3sOY8Z?refresh_ce
-
31.
https://www.maurizioblondet.it/universita-di-cambridge-gesu-poteva-essere-un-trans/
32.
https://www.maurizioblondet.it/rivelazione-del-world-economic-forum-gesu-e-una-fake-news/ |
 |
|
|
|