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TERRENO, TROPPO
(O FORSE ED
ORMAI
DEFINITIVAMENTE?)
TERRENO |
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Nel settembre
dell'ormai
lontano 2017,
CONFINI (Numero
57, pagina 40)
onorava della
sua ospitalità
un mio modesto
scritto
intitolato "La
Crisi
dell'Occidente"
il cui "incipit"
mi permetto
(scusandomene)
di riprodurre
qui di seguito :
"Fintanto che
non avremo
capito la vera
natura del
nostro declino,
sprecheremo
soltanto il
nostro tempo,
applicando finti
rimedi a quelli
che sono
semplici
sintomi" (Niall
Ferguson)
"" La causa di
fondo della
crisi sistemica
della Civiltà
occidentale ha
soltanto un nome
: femmina.
Perché? Perché
la donna
contemporanea si
è FORMALMENTE
impossessata
della società
dell'occidente
esautorando la
funzione di
"padre" e,
scalzando il
maschio da tale
suo primigenio
compito ed a
questi di fatto
subentrando, ha
interrotto quel
futuribile patto
di "tra-dizione"
generazionale
per via maschile
(ottimo o
pessimo,
positivo o
negativo che
esso sia
comunque stato
nel corso della
sua storia) su
cui tale nostra
Civiltà -
volente o
nolente - si è
di fatto basata
nel corso degli
ultimi
venticinque
secoli. E come
ha correttamente
fatto osservare
Antonella
Tarpino
(Corriere della
Sera, 9 giugno
2016), con la
fine della
tradizione ci
ritroviamo in
una sorta di
"memoria senza
storia, in un
dispotismo del
presente" e
quindi in uno
stato di perenne
"presentismo"
che produce un'
irreversibile
cesura col
nostro passato
nella sua più
ampia accezione
di tra-dizione
politica,
sociale,
economica e
culturale. ""
Premetto
doverosamente,
ed a scanso di
ogni possibile
equivoco, che,
per quanto mi
concerne, io :
1) amo
profondamente,
nelle loro
specifiche
caratteristiche,
2) ammiro "in
toto", nel loro
modo di stare al
mondo e,
3) rispetto
indistintamente,
nelle loro
diversificata
personalità,
tutte quante le
donne, essendo
ben consapevole
del fatto che
senza di esse
una società di
soli maschi
seppur, diciamo,
autosufficiente
(caserme, da me
sperimentate, "docent")
sarebbe una
sorta di grigia,
sterile ed
orrenda landa in
cui si
soggiornerebbe
in spasmodica
attesa di poter
quanto prima
ricongiungersi a
loro.
La mia seguente
riflessione ha
dunque da
intendersi
unicamente come
esercizio
storico-sociologico
limitato al
breve periodo di
transito su
questo nostro
pianeta di
quella fetta di
umanità
collocabile nel
contesto che gli
storici, per
comodità
geografico-temporale,
chiamano
"Civiltà
occidentale"
(ovvero
greco-romano-cristiana
che dir si
voglia). Quella,
cioè, relativa
ad un ben
individuabile
contesto di
umana convivenza
basata su comuni
valori
economici,
sociali,
culturali e
religiosi e dei
quali noi,
popoli
occidentali o
"occidentalizzati"
che dir si
voglia, stiamo
oggi vivendo -
con ancora una,
ahimè, limitata
consapevolezza -
gli ultimi
scampoli di
sofferta
dissolvenza.
Ricordiamo in
breve, come è
peraltro più che
risaputo, che
intorno al
quinto secolo
avanti Cristo,
in conseguenza
della platonica
concezione di
un'idea
iper-uranica, il
maschio
mediterraneo
inizia a
concepire il
tempo come un
qualcosa di
lineare (inteso
come passato,
presente e
futuro in totale
contrasto con la
sua naturale
circolarità)
dando in tal
modo
l'impressione di
un suo apparente
"progredire"
dinamico nella
Storia e di un
suo intrinseco,
esponenziale
"sviluppo"
(definito
progresso). E
ciò, con la
stupefacente
conseguenza che,
in un dato
momento e
soltanto
attraverso
l'occhio di
quella sua mente
ormai creativa,
quattro amorfe
pietre sparse al
suolo possano
diventare, ad
esempio, il
Partenone
oppure, in egual
maniera ed un
paio di millenni
più tardi, un
deserto isolotto
di un lontano ed
ostile
continente possa
prendere la
forma di, chessò,
la città di
Manhattan.
Ad un certo
punto tuttavia
(appena un po'
più di un secolo
fa) tale
bi-millenario e
collaudato
meccanismo entra
sorprendentemente
in crisi: la sua
lineare
progressività
subisce
un'improvvisa ed
inaspettata
accelerazione
che innesca in
breve tempo una
fase di non
controllo.
Siamo agli
albori del XX
secolo. L'"IDEA"
(fino a quel
momento ordinata
e lineare
rifornitrice di
progresso e di
indiscutibile
sviluppo
economico,
sociale e
culturale)
comincia a
crescere in
maniera
esponenziale,
diventa
ipertrofica, si
allarga oltre
ogni
immaginabile
misura di
ragionevolezza,
si infiamma, si
ammala (mi si
perdoni se uso
al riguardo un
termine
improbabile) di
"idea-ite",
entra quindi in
fase neoplastica
e si trasforma
in incurabile,
cancerogena e
mortale
"IDEOLOGIA".
Da ciò
scaturisce la
GUERRA, con
connesse
distruzioni,
lutti,
rimescolamento
dell'ordine
geopolitico
mondiale e
soprattutto
l'annichilimento
dello sbalordito
individuo che fu
un tempo il
depositario
monopolista
dell'originale
"idea"
iper-uranica.
Quel primigenio
maschio
mediterraneo che
fino al tragico
sbocciare di
tale secolo
nefasto era
stato appunto il
solo artefice,
fabbro, donno e
domino della
stessa Civiltà
occidentale. Si,
proprio costui,
che invece giace
oggi, confuso e
nudo, nella sua
cocente
sconfitta,
annichilito
nella più
rilevante parte
del suo essere
maschio e
padrone: quella
sua stessa
mente, una volta
inarrestabile
produttrice di
ideali visioni
iper-uraniche
ormai tramortita
dall'incurabile
cancro di natura
ideologica che
ne annulla la
sua parte
migliore: il
riuscire cioè -
unico animale
della Terra - a
vedere
l'invisibile,
pensare
l'impensabile,
creare
l'inesistente,
incidere nel
mondo
modificandolo in
maniera
irreversibile.
Pur tuttavia
(c'è infatti,
come sempre e
comunque, un
grande "MA"),
tale profondo e
doloroso
stravolgimento
porta con se
un'inaspettata
novità che apre
un'inedita (ed
ormai
irreversibile)
pagina della
storia della
civiltà umana:
lo sviluppo
tumultuoso ed
esponenziale
della
TECNOLOGIA.
Regina questa
del concreto,
dello
sperimentabile,
del verificabile
(altrimenti non
sarebbe in
condizione di
andare avanti),
donna e domina,
ora ci vuole,
dello "here and
now",
anti-ideologica,
a-filosofica e
del tutto
neutrale.
Indifferente
inoltre al sesso
di chi la
maneggi ed alle
conseguenze
delle sue
concrete ed
ineludibili
risultanze. La
fisica, la
chimica, le
macchine,
l'ingegneria
genetica
lavorano in modo
indifferenziato
per maschi e
femmine fornendo
ad entrambi, con
una "giustizia"
egualitaria mai
vista prima
d'ora in natura,
i medesimi
risultati ed gli
apparenti (si,
credo proprio
del tutto
apparenti)
benefici. E,
soprattutto, di
fronte ad essa,
uomini e donne
diventano, per
la prima volta
nella storia
dell'umanità,
perfettamente
eguali ed
interscambiabili.
Tale tecnologia,
apparentemente
livellatrice,
porta comunque
allo sbocco
fallace di dar
l'impressione di
poter finalmente
collocare i due
sessi su un
piedistallo di
perfetta parità
avendo in
particolare
tolto alla donna
i due
plurimillenari
"handicap" che
le hanno da
sempre impedito
di competere ad
armi pari con il
suo ineludibile
compagno (cioè
la minore forza
muscolare e lo
stato di quasi
costante
gravidanza).
Viene infatti
data
l'impressione
che le
recentissime
scoperte/invenzioni
tecnologiche nel
campo della
meccanica,
dell'elettronica,
della
digitalizzazione
della
farmaceutica,
della
bioingegneria e
chi più ne ha
più ne metta,
liberando la
femmina da quei
due atavici ed
opprimenti
fardelli, abbia
portato alla
perfetta
eguaglianza (?)
socio-economica
tra uomo e
donna, chiudendo
la partita una
volta per tutte.
Fate attenzione,
invece, cari
colleghi maschi!
Sarebbe ormai il
caso che da
parte nostra si
ammetta
finalmente come
una tale
asserita parità
sia una
condizione
irraggiungibile
in quanto
intrinsecamente
impossibile. Va
infatti
riconosciuto
che, se posta su
un piano di
perfetta
uguaglianza con
l'uomo e
nell'ambito di
una gestione
fattuale del
mero "presente",
la donna E'
oggettivamente e
di gran lunga
superiore
all'uomo. Ella è
più pratica, più
fattiva, più
tenace, più
determinata, più
attenta al
particolare, più
"multitasking",
in poche parole,
migliore in
quanto sempre
più adatta allo
specifico,
determinato
scopo da doversi
perseguire. In
un mondo
prettamente
tecnologico come
quello odierno
incentrato
soprattutto sul
"presente" e
sulla mera
risultanza
"economica"
dell' "azione"
essa è più
efficiente, più
focalizzata, in
poche parole,
più adatta,
dunque migliore
e, in ultima
analisi,
VINCENTE.
Sotto tale ormai
evidente
supremazia "al
femminile", la
società
occidentale e la
connessa civiltà
greco-romano-cristiana
passano così da
una
plurimillenaria
frequentazione
maschile delle
"concettuali"
idee
iper-uraniche"
all'opposta "iper-visione"
femminile delle
"concrete" ombre
della caverna.
Ciò porta ad
invertire il
"focus"
esistenziale
dell'umanità
occidentale: dal
cielo si guarda
ora soprattutto
alla terra
(dalla sua
evidente
mondanità alla
sua tangibile
ecologia),
dall'astratto si
scende sul
concreto,
dall'impossibile
si vira verso il
possibile, dal
futuribile si
punta al
presente, dal
fantastico al
fattuale, dal
sogno alla
realtà, dallo "there"
allo "here". Da
una precedente
società di
cultura umanista
di tipo
escatologico si
plana quindi in
un mondo
tecnologico di
natura
prettamente
fattuale privo
di qualsiasi
sbocco di tipo
extrasensoriale
che non sia una
qualche forma di
"sballo" di
natura
elettronico/virtuale
oppure chimica.
Bisognerebbe
avere dunque il
coraggio di
ammettere come,
con il passaggio
all'attuale
mondo
tecnologico "al
femminile", il
"cielo"
dell'uomo
(sublime,
talvolta assurdo
e spesso anche
terribile) abbia
passato il
testimone alla
"terra" della
donna (fattuale,
concreta,
efficace, ma
talvolta anche
banale).
Conseguenze
future di tale
fenomeno?
Ignote,
naturalmente e,
come dice la
nota canzone di
Lucio Battisti,
"lo scopriremo
soltanto
vivendo" .
So, però, che,
nella mia ormai
obsoleta e
terminale ottica
di vecchio
maschio
ottantenne, il
mio brodo
esistenziale
fatto di cultura
maschile - o, se
volete, anche ed
ahimè,
maschilista -
profuma di
sogno,
anticipazione,
attesa,
eccitazione ed
anche, infine e
naturalmente, di
dolorosa,
delusione. Temo
invece che il
futuro "piatto
esistenziale"
che si sta
preparando nella
contemporanea,
luccicante ed
efficiente
cucina di
impronta
femminile - o,
se volete, anche
ed ahimè,
femminista -
trasudi si, di
piacere di vita,
gratificazione
sensoriale ed
esteriorizzante
edonismo, ma,
anche e
purtroppo, di
una sorta di
artificiale "déjà-vue"
dal forte
sentore di noia.
31 gennaio 2023
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